venerdì 19 ottobre 2012

L'ALBERO DI ULIVO, notizie storiche

L'ulivo o olivo (Olea Europa) appartiene alla famiglia delle Olacee. E' un albero sempre verde con longevità ultrasecolare, alto da 5 a 20 m. e più; comincia a fruttificare dopo un lungo periodo giovanile, per poi conservare per molti anni una buona produzione. Le parti che compongono la pianta sono: le radici, il tronco, i germogli, le foglie, il fiore, i frutti.
Gli ulivi vengono coltivati nelle fasce in campagna.

Pianta sacra da tempo immemorabile, l'ulivo è protagonista di diverse leggende che gli hanno attribuito una origine divina.
La tradizione ebraica racconta che dai semi portati da un angelo e posti tra le labbra di Abramo, sepolto sul monte Tabor, nacquero tre piante: un cipresso, un cedro e un olivo.
L’ ulivo ha origini anche nella mitologia greca.
La storia racconta che, originario della parte orientale dell'area mediterranea, l'olivo si diffuse in Egitto, in Palestina, a Creta, a Rodi, nell'Attica, in Italia e poi in tutto il bacino del Mediterraneo. Il codice Babilonese di Hammurabi, che risale a circa 2500 anni prima di Cristo, cita l'olio di oliva e ne regolamenta la compravendita.

In Egitto, intorno al 1300 a. C., rami d'ulivo erano posti sulle tombe dei sovrani.

Fenici, Greci e Cartaginesi commerciarono olio e contribuirono a diffondere la coltivazione dell'ulivo, utilizzato non solo come alimento, ma anche per le cure del corpo e per l’illuminazione.


 
Particolare di vaso greco


Portato dai coloni greci in Italia, l'ulivo fu coltivato dagli Etruschi, che già nel VII secolo a.C. ne possedevano vaste piantagioni.

 
Affresco etrusco


Più tardi i Romani organizzarono razionalmente la distribuzione e il commercio dell'olio. A Roma costituirono l'arca olearia, una sorta di Borsa dell'olio d'oliva, dove gruppi di importatori, "negotiatores olearii", trattavano prezzi e quantità.


Anfore olearie (= da olio)
L'olio di oliva fu una delle maggiori componenti dell'alimentazione dei Romani, usato anche per la medicina e per l'illuminazione.
Se ne trovava di varie qualità: l'olio vergine di prima spremitura (oleum flos), l'olio di seconda qualità (oleum sequens) e l'olio comunemente usato (oleum cibarium).
Il consumo medio di olio di un cittadino romano era di circa 2 litri in un mese; Roma faceva la parte del leone in quanto è stato verificato che il Monte Testaccio (una montagna artificiale formata da frammenti di anfore) è composta essenzialmente da resti di anfore olearie, in gran parte provenienti dalla regione della Betica (Spagna meridionale) che era il più grande esportatore di olio dell'epoca.

 
Anfora di Vulci, 500 a.C.


Al British Museum di Londra è conservata l'anfora di Vulci, originaria di un sito archeologico del Lazio (500 a.C.), che riporta una scena di raccolta delle olive: due uomini, dal basso, colpiscono i rami con delle pertiche; un altro, sull'albero, bacchia le olive con un bastone ed un quarto uomo, in ginocchio, raccoglie i frutti da terra e li mette in un cesto.

La raccolta delle olive si fa ancora così!
Oggi sono usate una specie di forbici a pettine che consentono di strappare le olive direttamente dai rami.
Già gli esperti dell'antica Roma, come Plinio, sconsigliavano la bacchiatura ritenendola dannosa per l'albero e le olive stesse: meglio usare una scala e le mani (la brucatura) e la raccolta ancora oggi è fatta così. 


Donia, Laura e Luca.

2 commenti:

  1. Chi l'ha detto che è incompleta? Firmarsi con un nome (non con il cognome). Please!
    Prof. BarbaDipa(ola)

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